Una specie alloctona, spesso definita come aliena, esotica o introdotta, è una specie che, per l’azione diretta o indiretta dell’uomo, sia essa intenzionale o accidentale, si trova ad abitare e colonizzare un territorio al di fuori del proprio areale storico.
Una specie aliena invasiva è invece una specie alloctona che si è imbattuta in condizioni di vita particolarmente favorevoli alla propria biologia e fisiologia, tanto da riuscire a raggiungere densità molto elevate e diventare persino dannosa per l’ambiente e per le altre specie che lo popolavano, definite dunque autoctone.
Con invasioni biologiche si intende quindi il fenomeno per il quale degli individui appartenenti ad una determinata specie vivente, che verrà in seguito di conseguenza definita come alloctona, raggiungono una differente regione geografica rispetto a quella di origine, stabilendovisi, iniziando a riprodursi e a diffondersi in maniera del tutto abnorme e incontrollata.
L’invasione biologica, non essendo quasi mai spontanea e venendo ad occorrere per lo più per via dell’azione dell’uomo, si differenzia dalla cosiddetta dispersione naturale, l’insieme delle strategie che le specie viventi sfruttano ed utilizzano per ampliare o variare il proprio areale come ad esempio tramite l’acqua, il vento o altri animali selvatici vettori, in grado di generare ritmi di diffusione nettamente più bassi ed incomparabilmente più lenti.
In un quadro più ampio, dal punto di vista ecologico, l’arrivo di una o più specie aliene può determinare la scomparsa a livello locale di una o più specie autoctone, in seguito a predazione diretta, competizione per le risorse o in quanto vettore di parassiti, malattie e persino epidemie, oltre che ad avere importanti conseguenze ed impatti sull’economia locale.
Ovviamente, perché una specie diventi invasiva è necessario che questa possieda caratteristiche eco-etologiche e adattative che ne permettano la stabilizzazione ed in seguito l’esplosione numerica. Tra queste tendenzialmente una grande adattabilità alle più disparate condizioni ambientali, una bassa specializzazione e degli elevati tassi riproduttivi.
Questo spropositato incremento nel numero di esemplari è generalmente limitato nelle regioni di provenienza della specie dove molteplici fattori biotici ed abiotici, come la presenza di predatori naturali o la limitazione delle risorse della rispettiva nicchia ecologica della specie, si intrecciano ai processi evolutivi occorsi localmente.
Spesso le invasioni biologiche iniziano con la fuga o il rilascio di esemplari esotici tenuti in cattività, oppure per via aerea o navale. Gli animali possono persino essere introdotti a scopi venatori, sia che si tratti di caccia o pesca, mentre nel caso delle piante, l’introduzione di specie esotiche può avvenire sia nei parchi che nei giardini privati, così come in funzione dell’agricoltura e delle coltivazioni, che siano esse a scopi commerciali, industriali o per il semplice uso alimentare. Basti pensare, ad esempio, a quante specie l’uomo introdusse nell’arco della propria evoluzione, da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore, e dei propri spostamenti.
Storicamente, le invasioni biologiche ebbero una grande impennata con la fine del medioevo e l’affacciarsi dell’era moderna, con il conseguente aumento degli spostamenti di uomini e merci tra i diversi continenti e attraverso gli oceani che l’industrializzazione e il progresso tecnologico e militare non fecero altro che accentuare.
Cani, gatti, maiali e conigli, oltre che frutta, ortaggi, topi, ratti, volatili, insetti, rettili e bestiame, ci seguirono in ogni nostra nuova tappa nella scoperta del mondo e del rientro in patria insieme alle nuove specie scoperte. Tristemente però, l’inconsapevolezza e l’incomprensione delle ripercussioni che le nostre azioni avrebbero avuto nel tempo, come avvenne anche nel caso del Canale di Suez, nella maggior parte dei casi provocò disastri ecologici impressionanti che spazzarono via specie fino ad allora prospere: il dodo prima e le moltissime specie di marsupiali australiani che ancora oggi stanno rischiando di scomparire, a posteriori dell’incontrollata proliferazione di conigli, ne sono soltanto un esempio.
Ad oggi, in particolare negli ultimi decenni, per via del complesso fenomeno noto come globalizzazione, le invasioni biologiche stanno conoscendo un nuovo e brusco incremento.
In un mondo in cui tutto è sempre più simile ovunque, in cui merci e persone viaggiano in poco tempo da un continente all’altro, anche animali, vegetali, funghi, batteri e virus, proprio come avvenne nel caso della più recente pandemia causata dal SARS-CoV-2, vanno incontro a una vera e propria globalizzazione biologica, sfruttando ancor più i traffici umani come vettore e superando così i limiti naturali che si impongono alla loro rispettiva dispersione.
In molte situazioni poi il surriscaldamento globale sta favorendo l’espansione di specie tropicali verso latitudini più temperate, o comunque ne permette l’acclimatazione in caso di arrivi accidentali.
Molte specie infatti non riuscirebbero mai ad attraversare spontaneamente un oceano, o anche soltanto a passare da un lago all’altro, tuttavia innumerevoli specie acquatiche sono state trasportate ed introdotte mediante le acque di zavorra e, nel caso delle specie sessili, tramite le porzioni sommerse delle navi.
Questo è proprio quello che è accaduto e che sta ancora avvenendo nel caso del Mar Piccolo di Taranto, in cui molte specie aliene si sono ormai insediate e moltiplicate a dismisura, creando delle vere e proprie popolazioni stabili e costituite da un gran numero di esemplari.
In conclusione quindi, le invasioni biologiche, determinando in molti casi l’irreversibile trasformazione ed alterazione di un habitat e potendo persino portare all’estinzione locale di una o più specie viventi, rappresentano, insieme ai cambiamenti climatici e all’alterazione stessa degli habitat, una delle più gravi minacce alla biodiversità a livello globale.
Per tali ragioni, da alcuni decenni a questa parte, governi, enti sovranazionali ed istituti di ricerca in tutto il mondo stanno monitorando il fenomeno e studiando misure di prevenzione, controllo e persino di lotta ed eradicazione.
Il problema appare tuttavia in costante e drammatica crescita ovunque, ed in certi casi ormai, come vale anche nel caso delle acque interne italiane, le specie aliene equivalgono e persino superano in numero quelle autoctone.
Sicuramente però non tutto è perduto e, che si tratti di fiumi, laghi, mari o persino oceani, ciascuno di noi può ancora dare il proprio importante contributo.
N.B. A scopo divulgativo e per sostenere l’importante progetto promosso dall’ISPRA e dal SNPA, denominato “CONOSCERE LE SPECIE ALIENE DEL MEDITERRANEO”, il presente articolo mostra immagini di loro proprietà, tutte accessibili per consultazioni e approfondimenti al link – https://www.isprambiente.gov.it/files2021/notizie/opuscolo-specie-aliene-ispra.pdf