Picnic at Eleonora’s Rock

3 Maggio 2024

“Belli i relitti, ma come te la cavi con le conformazioni naturali?”.
Questa la domanda che Eleonora mi fece quel giorno. Ricordo che farfugliai qualche cosa. La verità è che non lo sapevo. Teoricamente era possibile usare le tecniche fotogrammetriche per ricostruire la forma di un oggetto naturale, lo avevo visto fare, ma io non l’avevo mai fatto e non avevo idea del risultato che sarebbe stato possibile ottenere.
-Sai -continuò – c’è uno scoglio sotto la secca principale del Banco di Santacroce, a cui sono affezionata. E’ quello su cui ho iniziato a fare i rilevamenti sulle uova di Gattopardo ( Scyliorhinus stellaris ), sono andata li per anni e ci vado ancora. Ci sono stata così tanto che ho scoperto che le persone del diving di Castellammare per riferirsi a quella parte della secca centrale la chiamano “Lo scoglio di Eleonora”, insomma, sono finita per essere parte di un toponimo -.
“Perché no?” mi dissi, proviamo.
Lo scoglio in questione si trova a circa 36 metri di profondità su un lato della secca Centrale del “Banco”. Sapevo che aveva una dimensione di circa 16 per 10 metri e la forma approssimativa di un parallelogramma , Eleonora non si era risparmiata a descrivermelo. In passato era anche scesa in acqua armata di metri e bindelle per misurarlo e prendere i riferimenti per le ricerche di biologia marina che vi svolgeva là. Sapevo anche che era colonizzato da una popolazione di paramuricee, che disposte su più filari ne abitano la parte superiore e i lati, era là sopra, tra le gorgonie che i Gattopardi deponevano le proprie uova.

Il piano era molto semplice: Scendiamo, facciamo una scansione e vediamo cosa viene fuori. Se otteniamo qualche cosa magari possiamo affinare la misura della roccia e eventualmente “riprendere” le gorgonie con le uova annesse

Un uovo di Gattopardo su una Paramuriacea, Banco di Santa Croce.
Immagine cortesia Eleonora De Sabata.

La mia amica mi chiese come poteva aiutarmi perché l’impresa avesse più chance di successo. Sarebbe venuta in acqua con me a farmi da guida e da sub di supporto e mi stava chiedendo se ci fosse altro che poteva fare. Pensai. Per poter ricostruire la dimensione dello scoglio avevo la necessità di riprendere dei riferimenti metrici. Degli oggetti con delle dimensioni conosciute e facilmente identificabili. Con quelli avrei potuto scalare un’eventuale modello alle sue dimensioni effettive.

Facile – risposi – Mi devi mettere i righelli sulla tua roccia -.
Riutilizzando un metro da falegname Eleonora assemblò due 2 quadrati scalettati di 10 cm di lato ciascuno. Per evitare che galleggiasse dei pesini legati ad ogni lato avrebbero tenuto ogni quadrato sul fondo. Questi “marcatori” dovevano essere posizionati sui due estremi dello scoglio in modo da tale essere catturati nel rilievo. Meglio se su piani differenti. Con quello , in fase di elaborazione del modello, avrei potuto correggere le inevitabili distorsioni che il software non era in grado di compensare.

Scegli tu il punto , tu conosci la zona- basta che siano distanti e meglio se su piani differenti.

Lato mio c’erano dei “rischi” e delle incertezze da gestire. Avevo appena messo in pensione la vecchia e fida compattina Sony RX100 e aggiornata l’attrezzatura con una macchina full frame; una A73 della Sony con un bell’obiettivo fisheye 8 – 15 Canon. Ero già sceso in acqua qualche volta per provare la nuova macchina fotografica, ma era la prima volta che la utilizzavo per un rilievo fotogrammetrico. Sarebbe andato tutto bene?
Cambiare e far evolvere la propria attrezzatura è sicuramente un fattore positivo, ma oltre al problema di capire esattamente come utilizzarla avevo anche un’altra rogna. Chi mi ha letto fino ad ora sa che il mio metodo è di assicurare fotocamera e luci al trascinatore subacqueo per poi muovermi preoccupandomi solo di seguire il miglior percorso di scansione. Tutto questo funziona bene se l’accoppiata scooter e luci e fotocamera risulta perfettamente neutra, altrimenti si rischia di portare in acqua un oggetto abbastanza massiccio con cui si finisce per litigare nel tenerlo in quota mentre si evita che sprofondi o decolli verso la superficie.
Scendere in acqua con un’attrezzatura non “neutra” vuol dire andare ad infilarsi in una situazione difficile, faticosa e anche pericolosa. Era meglio evitarlo
Come avrei fatto a capire in anticipo se la galleggiabilità dell’attrezzatura sarebbe stata corretta? Facile, sarebbe bastato prendere una vasca sufficientemente grande e pesare il tutto in acqua,. Ora, non avevo a disposizione una vasca della dimensione adeguata ma avevo notato che su un noto sito di commercio on line vendevano delle bellissime vasche per acqua piovana, assemblabili e pieghevoli che sembravano proprio fare al caso mio.

Con quella riuscii a sistemare la galleggiabilità del gruppo foto e luci e girai anche un video didattico su tutta la faccenda. In ogni caso l’importante è che ero pronto ad andare in acqua.

L’immersione al “Banco” si svolse senza particolari patemi. Scendemmo dal gommone e iniziai a seguire Eleonora che mi guidava verso la sua roccia. Mi precedeva avanzando con quelle lunghe pinne da apnea e tutto nei movimenti comunicava il suo essere a casa. Costeggiammo la parete della secca centrale, sempre perdendo quota, fino ad arrivare al fondale sui quaranta metri. Il massiccio della Secca Centrale ormai torreggiava sopra noi.

Ad un punto la mia compagna si girò verso di me, aprendo le braccia, come a dire “è qui”. Lo scoglio era effettivamente dietro di lei, coperto di gorgonie, simile a come mi era stato descritto. Facemmo un lento giro attorno, avevo bisogno di saggiarne le dimensioni effettiva prima di iniziare. Tra le Paramuricee erano visibili tante uova di gattopardo, di cui poche recenti e in sviluppo. Capisco perché la mia amica avesse scelto questo posto i suoi campionamenti. In superficie mi aveva raccontato come negli anni avesse visto le gorgonie diradarsi e il numero delle uova ridursi. In assenza di una misurazione precisa era difficile trasformare una sensazione in un dato oggettivo. Il lavoro di oggi avrebbe potuto aiutare a concretizzare questa impressione.

Ad un estremo Eleonora mise il primo quadrato e il secondo fu deposto sull’estremo opposto. Potevo iniziare a riprendere.

La scansione fu una faccenda abbastanza rapida. Il primo percorso fu un giro perimetrale, in modo da chiudere un circuito completo attorno al soggetto e poi eseguì una serie di passaggi a forma di “griglia” sulla parte superiore. L’operazione prese qualche cosa più di 20 minuti.

Dopo qualche giorno, a casa, arriva il momento della verità. Ricordo che scrissi subito alla mia amica: “1260 immagini allineate al primo colpo, generalmente è un buon segno”.

E infatti dopo poche ore di elaborazione mi trovo con una bella “nuvolotta” dal un miliardo e mezzo di punti che ricordava quello che avevo visto sott’acqua.

La nuvola densa è abbastanza dettagliata da mostrare i filari di gorgonie.

Anche i riferimenti “metrici” messi in giro erano perfetti (immagine reale sopra e ricostruzione sotto)

Con quei riferimenti è stato possibile scalare il modello alle sue dimensioni effettive come vedete qua sotto.

In questo caso la nuvola densa continua a mantenere molta dell’informazione presente nelle immagini. Si tratta purtroppo di un’informazione che non “sopravvive” alla fase di costruzione del modello. In quest’ultimo le forme delle gorgonie sono praticamente sparite.

Questo è purtroppo inevitabile. Il processo di “rettificazione” o di “poligonizzazione” dà risultati migliori su oggetti costruiti dall’uomo, oggetti che hanno forme lineari e definite e si prestano ad essere rappresentati da linee e superfici piane. Invece con gli oggetti biologici , specialmente con la fine tramatura frattale di una gorgonia, il processo non riesce a catturarne la forma appieno e molta informazione va perduta..

Ecco perché le informazioni migliori qua le otteniamo guardando la “nuvola densa”. Come nell’immagine sotto, una visione di taglio della superficie dello scoglio dove si possono scorgere le chiome delle gorgonie.

La mia parte preferita è questa sotto, dove la “nuvola” è riuscita a catturare le gialle axinelle. Le vedete al centro della foto.

Problemino finale. Volevo produrre un video con Blender per dare un’idea delle proporzioni e di alcuni dettagli presi su questo scoglio, peccato che in Blender non ci sia un sistema per importare una nuvola di punti colorata. Almeno io non l’ho trovato. Per questo mi sono limitato a far ruotare , a mano (e si vede purtroppo) , il modello direttamente in Metashape registrando il video.

Alla fine sono rimasto abbastanza soddisfatto del risultato. 1200 foto su 1200 si sono allineate perfettamente alla prima, segno che la qualità delle immagini raccolte era più che soddisfacente e questo ha permesso di ricostruire un modello dello scoglio abbastanza affidabile.

Questo per la parte che è andata bene.
Al contrario non è stato possibile “salvare” la posizione esatta delle gorgonie e delle uova. Avrei dovuto usare un obiettivo differente, con un campo visivo più ridotto di un 15 mm fisheye. Altro neo, la forte luce ambientale che ha fatto virare i colori decisamente verso il verde. Sarebbe stato più opportuno utilizzare dei flash.
Magari la prossima volta.

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